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Come lavoro

Il mio approccio

“Non è ciò che ti accade, ma come reagisci che ha importanza” 
– Epitteto

Avrete più volte sentito parlare delle cose che si “fanno” dallo psicologo, magari da qualche conoscente, film o social network. Mi permetto di ipotizzare che circolino molte visioni fuorvianti o banalizzanti.
Pertanto vorrei fornirvi una lettura originale e allo stesso tempo verosimile del mio lavoro, se vi ispira o se sentite che è ciò di cui avete bisogno, potete chiedermi un appuntamento.

C’è un verbo in greco antico: θεραπεύω

Si pronuncia “terapeuo” e ha molti significati. Tra questi troviamo: 

  • servire, aspettare
  • prendersi, darsi cura di
  • avere premura, sollecitudine per
  • stimare, educare, formare l’animo 
  • trattare, curare e, talvolta, guarire

Questa è la descrizione più essenziale delle mie mansioni.

    A differenza della medicina, che si concentra su malattie e salute del corpo, si chiama psicoterapia perché si rivolge in particolare alla ψυχή, ovvero “psiche”, che anticamente significava anima, soffio vitale. La psiche è formata da tutto il complesso di funzioni e processi che danno esperienza del Sé, del mondo e che guidano le azioni degli individui.

    Se ci si sofferma un attimo a riflettere… è una cosa importantissima, alla base di tutto! A scuola molti di noi hanno imparato che la matematica è ovunque; sono d’accordo (e avrei tanto voluto capirne di più!), ma mi permetto di sostenere che anche la psicologia lo è. Per sostenere un’interrogazione, per pagare una raccomandata alle poste, per gestire una casa e una famiglia, non è indispensabile saper regolare la propria ansia?

    Unità mentecorpo


    Riprendo l’aspetto del corpo perché tengo molto a non far passare l’idea che in psicoterapia si faccia attenzione solo a cose astratte, come i ricordi, le idee; al contrario, nel mio approccio si include e dedica molta attenzione a quel luogo di pulsazioni, formicolii, tensioni, sensazioni piacevoli, spiacevoli, neutre, freddo, caldo, morbido, duro, forte, pesante, silenzioso, in movimento, fermo, al di sotto della testa. La tendenza comune è quella di non farci troppo caso, di vivere il 90% del tempo tra le nuvole dei pensieri, e di accorgersi che c’è un corpo solo quando qualcosa fa male o si rompe. Cosa succede se, per qualche secondo, rivolgi la tua attenzione al corpo? 

    Questa “dimenticanza” diffusa in cui la maggior parte degli esseri umani vive, fa perdere quella preziosa unità con cui la mentecorpo sono concepiti per funzionare in armonia e benessere. Le emozioni stesse, un tema più che mai riportato al centro di molti discorsi, ancora prima che impariamo a nominarle si manifestano nel battito cardiaco, nelle ghiandole del sudore, nel tono della voce, nel respiro, nei muscoli facciali. E si potrebbe dire la stessa cosa della comunicazione, altro tema caldo degli ultimi tempi, perché, come è assodato, la sostanza delle comunicazioni non è verbale, ovvero non sono le parole, ma i gesti, la postura, le espressioni del volto.

    Pertanto, possiamo concludere che la psicoterapia è la cura della psiche e lo strumento principe con cui si realizza è la relazione tra terapeuta e paziente.

    La relazione
    terapeutica

    La relazione terapeutica è una connessione strutturata che si costruisce insieme e può essere rappresentata con questo andamento:

    Si procede in parallelo, collaborando, e poi ci sono dei momenti, precisi e riconoscibili, in cui ci si sente particolarmente vicini perché l’atmosfera è densa di comprensione emotiva, ma sempre alla giusta distanza professionale. Per dirla in altre parole, il paziente potrebbe trovarsi a raccontare qualcosa di molto intimo e sentirsi compreso, grato, supportato da una persona che non conosce se non per pochi dettagli, e con cui si dà del lei. Dall’altra parte, la terapeuta può provare molta benevolenza e interesse ma non far mai proprie le storie e i vissuti del paziente, che sa, in ogni caso, di dover condurre all’autonomia e prima o poi ad un saluto -nonostante e grazie a tutto quello che è stato condiviso.

    In pratica

    Vorrei ora darvi una panoramica ancora più pratica di ciò che faccio, abbattendo definitivamente la credenza che la terapia e la terapeuta siano qualcosa di sibillino ed etereo.

    Innanzitutto, ascolto.

    Non un ascolto distratto e frettoloso, come quello che già conosci. E’ un ascolto che aiuta ad ascoltare se stessi, ovvero percepirsi ed esprimersi accuratamente, in cui ogni parola scelta e pronunciata è importante perché le parole creano i pensieri, che diventano convinzioni, che influenzano i comportamenti che modellano la realtà. Per molte persone anche “solo” sentirsi veramente ascoltate è qualcosa di sorprendente, che porta con sé l’accendersi di molte lampadine. 

    In altri casi, le narrative (ovvero i racconti che qualunque essere umano fa della propria vita) sono diventate come il vetro della finestra contro cui insiste a sbattere la farfalla che non sa come uscire e ritrovare la libertà. Per questo è fondamentale il secondo aspetto. Ovvero che rispondo.

    Rispondo e spesso la mia risposta contiene una domanda-guida

    “Cosa intende quando dice che si sente a disagio?”, “Mi aiuta a capire da quando è cominciato il problema?”, “Cosa si aspetta da me e questo percorso?”

    Forse avrai sentito persone che con malcelato disappunto dicono: “è inutile andare dallo psicologo, parli e lui/lei sta zitto/a”. Ebbene, esistono diversi orientamenti e metodi, per quanto riguarda il mio io faccio molte, molte domande per orientare il colloquio in una direzione che so, per studi ed esperienza, essere utile al benessere mentale della persona che ho davanti. Questo vuol dire anche passare da ricordi dolorosi o turbamenti emotivi, perché, un po’ come avviene dal dentista, prima di stare di nuovo bene occorre tirare fuori tutto ciò che fa male, cosa che richiede tempo e coraggio da parte del paziente, che non a caso significa “persona che sopporta il dolore”. Le domande-guida portano la persona a decostruire le narrative inutilizzabili e a elaborare e maturare le proprie risposte e scelte; altre risposte che do possono contenere strumenti, tecniche ed esercizi che vengono offerti al paziente e che, se accetterà, verranno aggiunti al suo repertorio mentale e comportamentale.

    L’intenzione terapeutica

    Offrire un’esperienza di cura relazionale, che riabiliti il rapporto con il dolore emotivo (in quanto componente ineludibile della vita umana), che equipaggi la persona con strumenti, prospettive, abilità per gestire ogni relazione e ogni problema, e che le permetta, se lo desidera, di sviluppare una relazione di fiducia, sostegno e accettazione con se stessa.